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Smartworking: quali sono le cose utili da sapere?

La situazione emergenziale che si è verificata nel 2020 ha reso possibile la diffusione del lavoro da remoto, comunemente (e in modo spesso improprio) chiamato “smartworking” anziché “telelavoro”.

Lo smartworking, o lavoro agile, è una modalità di lavoro:
– caratterizzata dall’assenza di vincoli orari o spaziali;
– basata su un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi stabiliti mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro.

In questo contesto la figura del datore di lavoro, ovvero il leader, diventa fondamentale, in quanto la comunicazione da remoto non permette il pieno controllo sullo svolgimento delle funzioni dei dipendenti: per questo motivo, la sfida oggi si basa sempre più sulla leadership.

Il leader è responsabile di guidare, motivare e far crescere il proprio team per raggiungere gli obiettivi di business dell’azienda, ma è anche colui che sostiene il team nella gestione dell’incertezza.

La qualità di comunicazione del leader influenza il clima e le dinamiche del team e, di conseguenza, le performance dello stesso: ecco perché, in presenza di un nuovo modo di lavorare, si rende necessario un nuovo approccio alla leadership.

Anche le pratiche di ascolto da parte del team possono e devono migliorare, in quanto la comunicazione è un atto di responsabilità; un ascolto attivo, soprattutto in una conversazione da remoto, permette di andare oltre le parole, così da arrivare al nucleo del messaggio.

Delle buone prassi per allenare l’ascolto possono essere:
– mantenere viva l’attenzione e creare un clima positivo e partecipativo;
– non interrompere (per quanto possibile);
– non pensare già alla risposta mentre l’altro sta ancora parlando;
– fare domande per verificare la comprensione, permettendo di aumentare anche il – livello di partecipazione;
– fare una sintesi di chiusura.

Oltre all’ascolto attivo, un altro fattore determinante dello smartworking è l’organizzazione di uno spazio ideale di lavoro: uno spazio adeguato, infatti, incide sulla performance e permette di aumentare il livello di concentrazione e di attenzione.

È necessario, quindi, organizzare lo spazio in modo da ridurre il “rumore”, ovvero l’insieme degli elementi che rubano energia all’attenzione; esistono 2 tipi di rumore che necessitano di due modalità di organizzazione dello spazio:
– rumore esteriore: ovvero l’area fisica visiva che ci circonda e che, quindi, necessita di ordinare lo spazio esteriore;
– rumore interiore: l’insieme dei pensieri e delle emozioni che sono in grado di ridurre notevolmente il livello di attenzione.

Sono buone pratiche di organizzazione dello spazio esteriore:
– la creazione di uno spazio personale di lavoro all’interno della propria abitazione, preferibilmente in una zona luminosa;
– la definizione di orari, obiettivi e relative pause;
– la riproduzione della dinamica della scrivania.

Per quanto riguarda l’organizzazione dello spazio interiore, diventa fondamentale la gestione dello stress e la pulizia della mente, ma anche la riproduzione di abitudini di lavoro che creano uno stato di ritorno verso la “zona di comfort” e la programmazione di obiettivi settimanali e quotidiani, sia di team che individuali.

L’introduzione forzata e precipitosa dello smartworking in occasione del lockdown ha messo in evidenza alcuni limiti dei modelli organizzativi e le criticità maggiori riguardano:
– la perdita di controllo del manager;
– la perdita di focus e priorità degli obiettivi da parte dei membri del team.

In particolare il manager, non vivendo più nell’ambiente, perde la rassicurante convinzione che “se vedo allora so cosa sta succedendo”, mentre i membri del team perdono le rassicuranti “abitudini” che scandiscono il ritmo: il badge, la pausa caffè, la riunione con i colleghi, eccetera.

In questo contesto è necessario creare dei rituali di team, i quali servono ad avvicinarne i membri, e dei rituali più personali, utili a mantenere il focus e le priorità del singolo.

Infine, è necessario creare degli indicatori che permettano il monitoraggio delle performance del team sia a livello di singoli che a livello di gruppo.

I rituali di team sono:
1. wake-up meeting: un incontro breve nella prima mattinata dove tutti i partecipanti elencano gli obiettivi di giornata, i risultati ottenuti nella giornata precedente e se ci sono delle problematiche da risolvere;
2. consuntivazione: la consuntivazione è l’attività di definizione degli obiettivi raggiunti a fine giornata tra il singolo e il suo responsabile;
3. coffe-time: è un momento socialità del team per ricreare le relazioni tra i singoli, prevalentemente utilizzato per discussioni al di fuori dell’ambito lavorativo;
4. retrospettiva: è un’attività infrasettimanale che permette la pianificazione e il miglioramento degli obiettivi del team e dei singoli, eventualmente facendo dei cambiamenti.

I rituali personali, invece, sono:
1. programmazione: definire le attività da svolgere nel breve periodo;
2. smart task: creare degli slot in cui andare a definire le attività da svolgere attraverso una “to do list” condivisa con il team, così dar permettere agli altri di vedere ciò che si sta facendo;
3. andiamo a lavorare: ricreare una routine lavorativa che permette di massimizzare l’attenzione;
4. ripianificare: fare il punto sulla situazione durante la giornata, sugli obiettivi che ci si era posti e che, eventualmente, bisogna modificare.

Tutti questi rituali sono collegati a degli indicatori che devono avere una declinazione locale e devono essere in grado di impostare gli obiettivi del singolo: pochi, specifici e controllabili dall’individuo.