Gli standard ISO sono costruiti intorno ad un modello sviluppato da William Edwards Deming negli anni 50, che si basa sul concetto di Miglioramento Continuo.
Questo modello è noto come ”Ruota di Deming” o anche “Ciclo PDCA” dai termini inglesi che identificano le 4 fasi in cui si realizza e che possiamo tradurre in: Pianificare, Realizzare, Controllare e Riesaminare.
La Struttura Armonizzata degli standard ISO, quella che definisce la sequenza dei punti con cui si sviluppano le Norme, riprende in modo molto chiaro questo modello che viene introdotto e spiegato nelle premesse. Di conseguenza, applicare uno standard ISO significa automaticamente applicare il principio del miglioramento continuo.
Ma non si esaurisce tutto qui: fra i requisiti di norma sono indicati almeno 3 strumenti per la gestione del miglioramento in Azienda.
Il miglioramento continuo nella ISO 9001
In quasi 30 anni la struttura degli standard ISO è cambiata molte volte così come parte della terminologia utilizzata.
L’ultimo grande salto, per il momento, è balzato agli occhi di tutti nel 2015, quando la norma più famosa del mondo, la ISO 9001, è passata dalla versione 2008, strutturata secondo i principi della Vision 2000, alla versione 2015, organizzata con la Struttura di Alto Livello, oggi Struttura Armonizzata.
Nonostante tutti questi cambiamenti gli strumenti previsti per attuare il miglioramento continuo sono rimasti tutti, anche se con nomi e approcci diversi.
Nella ISO 9001:2015 troviamo quindi tre requisiti che ne parlano:
- 6.1: Azioni per affrontare rischi e opportunità
- 6.2: Obiettivi per la qualità e pianificazione per il loro raggiungimento
- 10.2.1: Non Conformità e Azioni Correttive
Andiamo in ordine e iniziamo ad analizzare il primo.
Azioni per affrontare rischi e opportunità
Le Azioni per affrontare rischi e opportunità sono parte del concetto di “Risk Based Thinking” ovvero dell’approccio basato sul rischio.
Se il “rischio” è il risultato dell’incertezza, le Azioni per affrontarlo sono sostanzialmente di due tipi.
Fanno parte del primo tipo le azioni per affrontare “rischi”, nell’accezione data dalla lingua italiana, ovvero azioni per evitare che si possa verificare un problema.
In passato si parlava di “Azioni Preventive”, una terminologia che è ancora in uso in alcuni standard non allineati alla Struttura Armonizzata.
Dietro a questo strumento c’è l’idea di attuare un’azione, un cambiamento a fronte di un problema potenziale, che non si è verificato, ma che attraverso un approccio di risk management è stato identificato come “plausibile” e “significativo”.
La seconda tipologia di Azioni avviene a fronte di un’accezione del termine “rischio” che in italiano suona un po’ strano: il rischio che succeda qualcosa di positivo, tradotto con il concetto di “opportunità”.
Anche le opportunità sono fonte di incertezza: se compri un biglietto della lotteria potresti anche “rischiare” di vincerla.
Se fai un investimento per ampliare un impianto lo fai per produrre e vendere di più, ma non è detto che ci riesci.
Lo strumento che si nasconde dietro le Azioni per affrontare le Opportunità è quello che siamo più abituati a chiamare “obiettivo di miglioramento” che non va confuso con gli “obiettivi prestazionali”, di cui si parla invece nel requisito 6.2 citato prima.
Obiettivi per la qualità e pianificazione per il loro raggiungimento
Vogliamo spiegare la differenza citata prima con un esempio.
Supponiamo che il reparto di produzione, stante i vincoli produttivi esistenti, sia in grado di realizzare 100 pezzi all’ora a pieno regime e che a causa delle inefficienze la capacità produttiva reale sia mediamente di 95 pezzi all’ora.
Questi numeri rappresentano le prestazioni del processo: abbiamo così appena definito un obiettivo di prestazione e un indicatore per monitorarlo.
Se ci pensiamo bene il punto 6.2 è lo strumento che ci sprona a misurarci e confrontarci con un risultato atteso. Nulla a che vedere con le azioni per affrontare rischi e opportunità.
Da una parte, analizzando il processo potremmo renderci conto che ci sono situazioni di incertezza tali per cui il risultato atteso di 95 pezzi all’ora potrebbe non essere raggiunto.
Ci sono rischi da gestire e azioni da intraprendere: rafforzare la catena di fornitura, migliorare la manutenzione, formare il personale… (Azioni di miglioramento finalizzate a mantenere la situazione in controllo)
Dall’altra parte, potremmo intravedere uno spazio di mercato per vendere non più 95, bensì 120 pezzi.
Per cogliere questa opportunità bisogna incrementare la produzione, acquistare un nuovo impianto, introdurre nuove persone, modificare la rete commerciale… (Azioni di miglioramento per perseguire nuovi obiettivi prestazionali dettati da nuove opportunità)
In entrambi i casi pianifichiamo un’attività, ne monitoriamo l’avanzamento e alla fine ne verifichiamo l’efficacia.
Non Conformità e Azioni Correttive per il miglioramento continuo
C’è poi un ultimo strumento di cui non abbiamo ancora parlato, ma che meriterebbe molto più spazio: le Azioni Correttive.
Le Azioni Correttive entrano in gioco quando i buoi sono scappati.
C’è un problema: perché è successo? Cosa è Successo? Come è successo?
Quello che molte aziende tendono a dimenticarsi è che le Azioni Correttive lavorano sulle cause del problema, non sul problema stesso!
Le Azioni Correttive rappresentano un miglioramento perché agiscono con l’obiettivo di far sì che il problema non si presenti più.
Per gestire tutto questo, l’approccio tradizionale è molto complicato e per questo molto spesso, soprattutto nelle aziende più piccole, quello che succede è che semplicemente il miglioramento non viene gestito in modo sistematico o non viene gestito del tutto.
Nella migliore delle ipotesi si attua, ma non se ne tiene traccia.
E se esistesse uno strumento in grado di aiutarti a pianificare, a seguire gli avanzamenti e a consuntivare l’efficacia di tutto quello che fai ?
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