Il ruolo della Qualità nei processi di innovazione

Ha ancora senso parlare di Sistemi Qualità e di certificazione ISO 9001 al giorno d’oggi? Tradizionalmente vengono fornite due chiavi di lettura che possiamo prendere in considerazione quando parliamo di Sistemi Qualità.

La prima è quella più conosciuta e più diffusa: la chiave commerciale. Sui mercati internazionali la ISO 9001 rappresenta un biglietto da visita imprescindibile per poter operare. Averla non dà un reale vantaggio competitivo ma non averla significa essere tagliati fuori dalle trattative più interessanti.

Questo comporta un errore molto grande in cui molte aziende incorrono: vedere la certificazione solo come un costo, una tassa, un casello autostradale dove basta pagare per poter andare avanti.

La seconda chiave di lettura è molto interessante: è la chiave organizzativa, che significa utilizzare la norma come guida, come strumento per costruire un sistema di governo, in grado di aiutare a fare impresa, a competere e a vincere le sfide di ogni giorno.

Questa seconda chiave di lettura impone che il concetto di Qualità venga letto nella sua più ampia accezione, e che la norma sia interpretata tenendo presente l’evoluzione che ha fatto: da standard per assicurare la conformità di prodotto a strumento di governo e di misurazioni dei processi.

La chiave organizzativa funziona benissimo per la totalità dei processi gestionali e buona parte dei processi di supporto.

Sulla base della mia esperienza ritengo che sia ampiamente sottovalutata una terza chiave di lettura, che aiuta a comprendere un nuovo significato di miglioramento continuo: il ruolo che la Qualità ha nei processi di innovazione.

Ecco allora 3 concetti per aiutare a capire quale sia questo ruolo e perché sia così importante.

1. Antifragilità
Correva l’anno 2020. Era Marzo. Penso che ciascuno di noi abbia ben in mente il senso di impotenza e di frustrazione, la paura e la preoccupazione. Il desiderio e la speranza che tutto passasse velocemente, la voglia di ritornare indietro, verso la libertà e la spensieratezza. Come si usa dire: “andava meglio quando andava peggio”.
In quel periodo si è iniziato a parlare di “resilienza”, la capacità di ritornare allo stato iniziale a seguito di un evento traumatico o una difficoltà.
Nello stesso periodo sono incappato in un libro con un titolo enigmatico “Il cigno nero” scritto da Nassim Nicholas Taleb, saggista, matematico e filosofo libanese esperto di matematica finanziaria e teoria della probabilità, che mi ha fatto innamorare del concetto di “Antifragilità”.
Cos’è l’antifragilità? Da esperto di Sistemi di Gestione l’ho ridefinita come “il principio del miglioramento continuo applicato al concetto di resilienza”.

L’antifragilità infatti è la caratteristica di un sistema di cambiare e migliorare a fronte di stress esterni al fine di adattarsi. Significa non tornare allo stadio iniziale, bensì evolvere e ritornare in uno stadio migliore del precedente, avendo “imparato” qualcosa dall’evento avverso. Significa cambiamento.

2. La cultura dell’errore
Introduco il secondo punto con un assioma che mi è stato insegnato e ho fatto mio: “Crea le regole, segui le regole, rompi le regole”.

Per capirlo devo citare una seconda lettura interessante “Elogio del fallimento, perché sbagliare fa bene” di Francesca Corrado.
Un vero e proprio tributo alla “cultura dell’errore” ovvero alla capacità di mettere in evidenza gli errori anziché nasconderli.

Un libro che si potrebbe riassumere in due detti tratti dalla saggezza popolare: “sbagliando s’impara” e “errare è umano, perseverare è diabolico”.
Gli americani dicono: “Sbaglia in fretta, sbaglia spesso”.
Io preferisco la citazione: “l’ottimo è nemico del bene”.

Il principio di fondo è molto semplice: per poter migliorare è fondamentale avere la libertà di sbagliare. Temere l’errore significa temere il cambiamento, non osare mai, e quindi precludersi l’opportunità di migliorare. Nascondere gli errori significa continuare a sbagliare.
Metterli in evidenza significa imparare.

Non è a caso che negli standard ISO il ruolo della “Non Conformità” è centrale quando si parla di miglioramento continuo: affinché l’errore da patrimonio personale diventi un patrimonio aziendale e un organismo complesso come un’azienda costituita da centinaia di persone, migliori le proprie prestazioni e la capacità di competere sul mercato, bene, è fondamentale che l’errore venga tracciato, scritto, analizzato e condiviso.

Per farlo però è fondamentale instaurare una cultura dell’errore, in grado di premiare chi mette in evidenza l’errore che porta ad un miglioramento, anziché sul punire chi sbaglia.

3. Gestione dell’innovazione
Il terzo e ultimo punto che voglio toccare è fortemente correlato ai primi due: la gestione dell’innovazione. Continuando con le citazioni possiamo dire che “Chi si ferma è perduto”.

Innovare significa differenziarsi sul mercato, recuperare efficienza e quindi tempo e costi. Significa aumentare la marginalità e di conseguenza la competitività dell’organizzazione.

Ricapitolando: l’antifragilità è la capacità di migliorare a seguito di un problema, la cultura dell’errore è la fonte della conoscenza che porta al miglioramento. Antifragilità e cultura dell’errore rappresentano quindi le precondizioni per attuare il miglioramento.

Ma che cos’è il miglioramento? Il miglioramento è “il conferimento o l’acquisizione di una modificazione vantaggiosa o favorevole”.

Dove nasce? A fronte di uno stimolo (non conformità) il miglioramento implica la capacità di individuare nuove soluzioni, la capacità di innovare.
Il Sistema Qualità è in grado di contribuire all’innovazione attraverso l’approccio del miglioramento continuo.

Sistema Qualità, oggi significa:
– Applicare il concetto di antifragilità per non tornare allo stadio iniziale, bensì imparare le lezioni che arrivano ogni giorno;
– Disporre di strumenti utili per creare una cultura dell’errore e gestirne i benefici
– Implementare un approccio di innovation management in ambito organizzativo.

Tre buoni motivi per investire nella Qualità, non trovi?


Gianlorenzo Caccia